venerdì 4 marzo 2011

Non poter dire buonanotte

Trattenere è un verbo che non conoscevo. Non trattengo le lacrime quando mi commuovo davanti a un film, né la pipì quando mi scappa la notte. Ma nel tacito obbligo a "non dire" o a "dire meno" di quel che si vorrebbe (o potrebbe?) ho imparato a trattenere le parole. Un accordo non stipulato a conservare una parte dell'immaginabile perché non si cada nell'ingorgo fanatico di frasi e azioni incontrollate. Ma dove finisce ciò che trattengo? Che resti sepolto, per diventare terreno fertile o pavimento, un giorno! Una vera buonanotte la trattengo tutte le sere. La scrivo ora, di mattina, lontana dal pericolo di una non corrispondenza, perché è per tutti ma soprattutto per nessuno: immagino una notte di cielo limpido, fisso, senza nuvole. Insomma,  una notte buona.

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