Non avevo previsto di rimanere intrappolata nei vicoli gelidi della Germania dell'est. Ma fu la neve che non scendeva ancora, le albe tardive, il tuo incanto. La luce alla finestra di casa tua, lo sguardo che avevi mentre dormivi - un cucciolo di leone, pensavo - la dolcezza e la sensualità delle tua mani mentre lavavano via il sapone dai miei capelli.
Come avrei potuto tornare alla mia vita normale? Al mio amato mare che, d'un tratto, sembrava grigio e crespo.
Ad ogni nostro passo, per le strade della tua città, risuonava una nota di violino, un sussulto natalizio di Bach. Mi domando, mentre scarabocchio un vecchio libro, quanto sia valso per te avere il mio profumo sulle tue lenzuola.
Eppure nitido ho il ricordo di un addio stentato: io sul treno, verso Berlino, tu sul binario che cercavi il mio volto l'ultima volta, io che ti negavo quel saluto per non soffrire tre minuti di più.
Ed è troppo tardi per tutto, ormai.
Maybe I didn't that you quite as good as I should have
Maybe I didn't love you quite as often as I could have
Little things I should have said or done
I just never took the time
You were always on my mind
Hotel e letti singoli
venerdì 26 dicembre 2014
domenica 29 giugno 2014
Laser
Da quando ho fissato la luce rossa, quel punto rovente nell'alto dell'ambiente sterile, il ritmo del mio battito cardiaco, il passo con cui muovo i passi di questa vita, la percezione degli uomini, del giusto e del vero sono improvvisamente mutati.
La vista. Il tabù dei miei 23 anni quasi scoccati. L'ineffabilità della parola che potesse descrivere un cambiamento tanto repentino da non poter essere immediatamente capito, quello per cui, ora, non ho paura di svegliarmi la mattina. Come se dagli occhi tutti i sentimenti derivassero, è più nitido (o è semplicemente nuovo) il modo d'amare, d'odiare. Più umanamente, di conoscere.
Sette decimi di ignoto, prima. Ora, dunque, dieci di conoscenza.
E' tortuoso il cammino che mi porta a tramutare in parole quel che è successo, perché anch'io, tutt'ora, non so dire quanto è accaduto: ogni mattina, un romanzo pensato (solo pensato) sotto la doccia, su come raccontare l'assoluta rinascita. O, magari, un lungo elenco su carta di benefici e nuove gioie.
Ma, forse, meno parole sono necessarie: ho visto, quindi so. Posso ricominciare.
La vista. Il tabù dei miei 23 anni quasi scoccati. L'ineffabilità della parola che potesse descrivere un cambiamento tanto repentino da non poter essere immediatamente capito, quello per cui, ora, non ho paura di svegliarmi la mattina. Come se dagli occhi tutti i sentimenti derivassero, è più nitido (o è semplicemente nuovo) il modo d'amare, d'odiare. Più umanamente, di conoscere.
Sette decimi di ignoto, prima. Ora, dunque, dieci di conoscenza.
E' tortuoso il cammino che mi porta a tramutare in parole quel che è successo, perché anch'io, tutt'ora, non so dire quanto è accaduto: ogni mattina, un romanzo pensato (solo pensato) sotto la doccia, su come raccontare l'assoluta rinascita. O, magari, un lungo elenco su carta di benefici e nuove gioie.
Ma, forse, meno parole sono necessarie: ho visto, quindi so. Posso ricominciare.
lunedì 3 marzo 2014
Il nostro mai
Era un altro tempo. Un'altra sensazione. Le lunghe attese di un nuovo, tiepido respiro primaverile; e di te. L'eccessivo entusiasmo, la bellezza del fervore. Il brivido della conoscenza.
D'improvviso questo è il passato e provo nostalgia per una gioia e un sentimento che credevo presenti. Sei mutato, e io con te, assieme al paesaggio, alla gente, alle abitudini e ai desideri. Ami le carezze di un'altra mano, mi perdo, io, estasiata, in altri occhi più profondi dei tuoi.
E, nonostante tutto, ogni volta, ogni giorno, troverei una buona e assoluta ragione per scegliere te, te ancora. Ma, rassegnata, non lo faccio.
D'improvviso questo è il passato e provo nostalgia per una gioia e un sentimento che credevo presenti. Sei mutato, e io con te, assieme al paesaggio, alla gente, alle abitudini e ai desideri. Ami le carezze di un'altra mano, mi perdo, io, estasiata, in altri occhi più profondi dei tuoi.
E, nonostante tutto, ogni volta, ogni giorno, troverei una buona e assoluta ragione per scegliere te, te ancora. Ma, rassegnata, non lo faccio.
lunedì 6 gennaio 2014
naif
Li ho visti, in fila, camminare lenti nel buio verso un futuro nebbioso. Codardi.
Con il solo obiettivo di rispondere "molto bene" ai vostri quotidiani "come stai".
Sordi, uno dietro l'altro, con un sorriso sporchissimo stampato in volto. Alla loro testa, tu, seraficamente disgustoso, trionfante nella tua nullità. Codardo, più di tutti loro.
Non venirmi a dire mai più quanto siano sbiaditi i colori che vedono tutti loro.Vigliacco, mentivi, quando mi guardasti con l'oro luccicante negli occhi.
Ti auguro che il tragitto sia sereno, verso il tuo caldissimo e comodo inferno.
Con il solo obiettivo di rispondere "molto bene" ai vostri quotidiani "come stai".
Sordi, uno dietro l'altro, con un sorriso sporchissimo stampato in volto. Alla loro testa, tu, seraficamente disgustoso, trionfante nella tua nullità. Codardo, più di tutti loro.
Non venirmi a dire mai più quanto siano sbiaditi i colori che vedono tutti loro.Vigliacco, mentivi, quando mi guardasti con l'oro luccicante negli occhi.
Ti auguro che il tragitto sia sereno, verso il tuo caldissimo e comodo inferno.
domenica 8 dicembre 2013
La figlia del dottore è una maestrina
Nello spazio fra la tua clavicola e il collo ho trovato un rifugio sicuro, per rilassare il mio respiro, stanco, rigonfio del piacere di vederti socchiudere gli occhi, con le mani intrecciate alle mie. E come se indovinassi il tuo desiderio - nulla di nuovo per me - è lì, in quell'incavo liscio e bollente, che ti ho ricordato quanto ti amo, anche quando ti ferisco.
Ti auguro mille notti felici, ricche di sogni piccoli e pungenti così. Mentre io sogno il tuo odore, il tuo sapore, il tuo tatto, prima di ripassare, al mattino, i libri di Omero a memoria.
Forse un giorno faremo l'amore.
Ti auguro mille notti felici, ricche di sogni piccoli e pungenti così. Mentre io sogno il tuo odore, il tuo sapore, il tuo tatto, prima di ripassare, al mattino, i libri di Omero a memoria.
Forse un giorno faremo l'amore.
venerdì 1 novembre 2013
Un minuto prima dell'atterraggio.
C'erano alle mie spalle tre settimane di pioggia e nessuna traccia degli odori consueti, una notte insonne e l'assoluta incoscienza di cosa avrebbe riservato la mia vita, congelata in quel bollente squarcio d'estate, lì dov'era casa mia.
L'ora migliore da che sono al mondo: il paesaggio completamente azzurro e vagamente increspato del mare del sud, il sole radente del mattino nell'oblò del finestrino dell'aereo. Non una nuvola. E tu avresti potuto essere lì a dirmi che mi stavi aspettando, che mia avresti amata finché il tempo avesse voluto. Allora, il futuro sarebbe potuto essere qualunque cosa: sospesa, a diecimila metri sopra la mia terra, tutto era fermo ed io ero N volte, la persona che sarei stata domani. Poi ho toccato terra, c'erano due persone amate ad attendermi, amavo il sudore che il sole bollente produceva sulla mia pelle coperta da abiti inadatti al clima dolcissimo della mia città, e, stanca, non avevo voglia di dormire, ma solo di godermi l'attesa che quel limbo prendesse la forma della realtà.
Poi venne settembre e niente accadde, di ciò che era racchiuso in quel momento celeste, prima dell'atterraggio. Eppure niente è ancora riuscito ad eguagliare la gioia quasi estatica che ho provato prima di toccare terra, entusiasta di tornare a casa, da te che non ci saresti stato. Dal mio letto, comodo e dal buon odore, da tutte le mie imprescindibili abitudini fastidiose, dalla città a misura d'uomo dove ho imparato tutto.
Penso che partirò di nuovo, appena potrò. Per poter tornare.
L'ora migliore da che sono al mondo: il paesaggio completamente azzurro e vagamente increspato del mare del sud, il sole radente del mattino nell'oblò del finestrino dell'aereo. Non una nuvola. E tu avresti potuto essere lì a dirmi che mi stavi aspettando, che mia avresti amata finché il tempo avesse voluto. Allora, il futuro sarebbe potuto essere qualunque cosa: sospesa, a diecimila metri sopra la mia terra, tutto era fermo ed io ero N volte, la persona che sarei stata domani. Poi ho toccato terra, c'erano due persone amate ad attendermi, amavo il sudore che il sole bollente produceva sulla mia pelle coperta da abiti inadatti al clima dolcissimo della mia città, e, stanca, non avevo voglia di dormire, ma solo di godermi l'attesa che quel limbo prendesse la forma della realtà.
Poi venne settembre e niente accadde, di ciò che era racchiuso in quel momento celeste, prima dell'atterraggio. Eppure niente è ancora riuscito ad eguagliare la gioia quasi estatica che ho provato prima di toccare terra, entusiasta di tornare a casa, da te che non ci saresti stato. Dal mio letto, comodo e dal buon odore, da tutte le mie imprescindibili abitudini fastidiose, dalla città a misura d'uomo dove ho imparato tutto.
Penso che partirò di nuovo, appena potrò. Per poter tornare.
venerdì 12 luglio 2013
I've never been to Paris
I could have thought one million things or even more, while you were leaving. While you stayed there not saying a word: you don't know me so much as you think, of course. I could have thought of my silly morning on that chair near to you, I could have killed that beatle near the window. But I went away with a false smile on my face and thought: I've never been to Paris. And I'll never go there with you, you bet.
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